Quando Ostia ha rischiato di esplodere…

Ostia 1943.

Qualche giorno fa, durante i lavori di riqualificazione di Piazza dei Ravennati, sono emerse le fondamenta degli sbarramenti realizzati dai tedeschi durante la Seconda Guerra Mondiale. Ma perché queste strutture sorgono proprio qui?

Per spiegarlo, è necessario fare un passo indietro fino al 4 luglio del 1943 quando Ostia è dichiarata ufficialmente “zona di guerra”. Da questo momento in poi la situazione precipita vertiginosamente. L’8 settembre, infatti, viene annunciato l’Armistizio e Ostia in poche ore è invasa dalle truppe naziste. Da lì a poco, l’atmosfera idilliaca che sino ad allora aveva pervaso il Lido, viene bruscamente troncata; pochi giorni dopo, infatti, arriva uno spietato ordine che impone lo sgombero generale. Gli abitanti hanno poche ore per raccogliere ciò che possono trasportare ed andarsene, con la speranza di poter tornare a breve. Ma perché Ostia è sfollata? Perché i tedeschi ipotizzano che un possibile sbarco alleato possa avvenire proprio qui, in virtù anche della vicinanza a Roma. A partire da qualche giorno prima dell’Armistizio, cominciano a susseguirsi degli indizi che spingono verso questa direzione. Il pomeriggio del 3 settembre 1943, infatti, il generale d’armata Vittorio Ambrosio convoca i capi di stato maggiore delle tre armate, Roatta, De Courten e Sandalli, e li informa della probabile conclusione di un armistizio con gli angloamericani, che però diventerà operante in data non anteriore al 12 settembre. L’indomani, Ambrosio conferma a Roatta e Zanussi che il previsto sbarco Alleato non avverrà prima di quella data; quanto alla località, si possono ipotizzare Civitavecchia, Ostia, Anzio, Terracina e Gaeta. Inoltre, esattamente il 9 settembre, il Generale Giacomo Carboni, comandante del Corpo d’Armata motocorazzato italiano, diffonde la notizia dello sbarco ad Ostia degli Alleati; un gesto che, ad Armistizio firmato e annunciato, probabilmente è pensato per insabbiare e depistare l’attenzione dall’atteggiamento italiano e dalle conseguenze che arriveranno dopo l’accordo.

Lo sbarramento, quindi, realizzato dai tedeschi in blocchi di cemento, con le casseforme in legno, è uno dei tanti ostacoli disseminati sul territorio di Ostia tra la fine del 1943 e l’inizio dell’anno successivo, i quali avrebbero dovuto impedire o perlomeno rallentare la risalita dal mare verso l’entroterra degli Alleati. Con l’avanzata degli Alleati dal Sud Italia, infatti, il comando nazista prepara la ritirata da Ostia verso il Nord Italia, ancora sotto la sua occupazione. Si adottano tutte le misure ritenute idonee a impedire, o quantomeno a ritardare, il temuto sbarco e l’eventuale salita delle truppe americane e britanniche: i tedeschi divelgono diversi chilometri di rotaie e ne tagliano altrettanti di linea elettrica, fanno a pezzi i pali dell’illuminazione stradale. All’esterno della S.T.I.M.A. pongono sbarramenti di cemento per ostacolare il possibile sbarco, sul lungomare erigono muretti per ostruire l’accesso verso l’entroterra e bloccano le arterie più importanti con migliaia di alberi sradicati. Essi decidono di sabotare anche le idrovore che impediscono l’allagamento di Ostia: erano state costruite dopo la bonifica e il loro danneggiamento rischia di far tornare la malaria dopo quarant’anni di assenza. Il sabotaggio avrà un impatto negativo su 460 ettari di terreno coltivato dalla cooperativa dei ravennati, che diverranno inutilizzabili. Inoltre, le strade adiacenti alla via del Mare e l’intero arenile è disseminato da migliaia di mine di fabbricazione tedesca. Si annovera anche la distruzione di strutture come il pontile del Littorio, spezzato in due tronconi; la torre del collegio nautico “IV Novembre”, alta ben 64 metri; la torre antiaerea della caserma Italia; alcune strutture dell’idroscalo; il grande serbatoio dell’acqua: erano tutti utilizzabili come punti di riferimento per eventuali incursioni aeree.

Anche il lungomare cambia completamente fisionomia. Gli stabilimenti balneari sono fatti saltare in aria per impedire agli aerei nemici di avere punti di riferimento per i bombardamenti e per sgomberare il campo di tiro alle artiglierie, da utilizzare prima che i mezzi di sbarco tocchino le coste del litorale. Il primo a essere colpito è lo stabilimento “Roma”, che viene fatto esplodere nella notte tra il 12 e il 13 dicembre 1943. Anche gli stabilimenti in legno come il Battistini, l’Elmi, il Salus, il Principe, l’Urbinati, la Conchiglia e tutti gli altri fino al Vittoria, vengono abbattuti senza pietà; qualche stabilimento in muratura, come il Dopolavoro, il Belsito e il Plinius, utilizzati come depositi di armi e munizioni troppo ingombranti da trasportare durante la ritirata, sono demoliti con tutto il materiale bellico all’interno. I simboli che avevano contribuito al sogno iniziale, fare di Ostia il mare di Roma, vengono distrutti senza scrupolo.

I soldati tedeschi imbottiscono di esplosivo anche le cantine, i negozi, i sottoscala e gli androni di tutti i palazzi delle prime due file del lungomare. Ostia diventa una gigantesca polveriera, pronta a esplodere nel momento in cui le navi Alleate appariranno all’orizzonte.

A cura di Marco Severa. Estratto dal suo libro: “Ostia. Dalla bonifica alla ricostruzione”

Ricostruzione di Piazzale dei Ravennati con le barriere naziste.