Le piene del Tevere

La portata d’acqua di un fiume non è sempre la stessa, scopriamo cosa ci racconta il Tevere.

PILLOLE SUL REGIME IDRAULICO DEL TEVERE

a cura di Bellotti Piero

Il Tevere ha un bacino di poco superiore a 17000 km2 e tre principali affluenti. In riva destra il F. Paglia (con regime torrentizio) in riva sinistra il F. Nera e il F. Aniene che, alimentati in parte dalle sorgenti dell’Appennino calcareo, garantiscono al Tevere un flusso minimo che è raramente minore di 100 m3/s. La portata media del Tevere è circa 230 m3/s ma la massima misurata ha superato di oltre dieci volte tale valore. In assenza di ghiacciai nel bacino, le portate sono determinate in gran parte dalle piogge e sono massime nel semestre autunno-inverno.

Notizie sulle piene del fiume si hanno fin dal periodo romano. Le fonti riportano una trentina di eventi tra il 414 a.C. e il 400 d.C. con una maggiore frequenza tra il I secolo a.C. e il II d.C. in coincidenza di una fase climatica caldo-umida (Roman Warm Period). Soltanto sette testimonianze certe di piene si conoscono nell’alto Medioevo, fino all’XI secolo, quasi a indicare una minore attività del fiume apparentemente in contrasto col peggioramento climatico intervenuto alla fine del periodo romano. E’ bene qui considerare che i dati del periodo romano ma soprattutto quelli alto medievali hanno un certo grado di incertezza essendo soggetti alla qualità e alla capacità dei cronisti del tempo.

I dati divengono via via più completi e affidabili dal 1180 quando oltre ad una più precisa collocazione temporale si inizia a indicare il livello raggiunto dalle acque nella città di Roma. Le altezze raggiunte durante le piene vengono indicate su lapidi sparse nelle parti basse della città e su due colonne presenti nel porto fluviale di Ripetta. Il valore in metri dell’altezza raggiunta in Roma dalle acque nelle piene verificatesi tra il 1180 e il 1870, fu definito nel 1871 quando nel porto di Ripetta fu stabilito un idrometro (il cui zero è poco discosto dal livello marino) per la misura diretta e continua dell’altezza idrometrica e su tale idrometro (oggi visibile in Largo San Rocco) furono riportate le altezze indicate nelle diverse lapidi.

L’altezza idrometrica di 17 metri fu superata nei secoli XV, XVII (due volte) e XIX (una volta), quella di 18 metri due volte nel XVI (quando fu raggiunta la misura di 19.58 nella piena del 1598), una nel XVII e mai più raggiunta. Anche se i valori allora misurati possono essere parzialmente alterati da restringimenti dell’alveo a valle dell’idrometro (es. presenza di mulini o spallette di ponti) è possibile correlare una tale intensità e frequenza degli eventi di piena con la fase climatica fresco-umida nota come Piccola Eta Glaciale (o Little Ice Age) che interessò l’emisfero boreale tra la metà del XIV e la metà del XIX secolo.

Dal 1921 iniziarono le misure dirette della portata che raggiunse il massimo nel 1937 con 2750 m3/s con una altezza idrometrica inferiore a 17 m. Ciò fa stimare che nelle piene del XVI-XVII secolo la portata possa aver raggiunto, e forse superato, anche 3500 m3/s. Dal 1947 la presenza di alcune dighe modera i picchi di piena e l’altezza idrometrica non ha più raggiunto i 14 metri, valore che porrebbe seri problemi alla città.

I dati storici e le registrazioni più recenti indicano che:

  • Le piene del Tevere sono comuni tra ottobre e marzo; occasionali in maggio e settembre. Gli eventi sono determinati essenzialmente dalle piogge;

  • Gli eventi piovosi della durata di 3-4 giorni sono responsabili dei maggiori eventi di piena che occasionalmente possono essere indotti anche da 2 giorni di piogge intense sull’intero bacino.

  • Le piene con le massime altezze idrometriche e la loro maggiore frequenza si sono registrate tra XV e XVII secolo

  • Il regime fluviale sembra mutare nel tempo concordemente con le variazioni climatiche plurisecolari.

Asta idrometrica con le altezze delle piene storiche in Largo San Rocco
Isola Tiberina